Zelig, la letteratura e la scienza

31 mag

“Scott Fitzgerald annota sul suo taccuino qualcosa su un ometto curioso, un certo Leonard Zelwin o Zelman che sembrava proprio un aristocratico e cantava le lodi dei ricchi conversando con la gente bene. Parlava con venerazione di Coolidge e del partito repubblicano, il tutto con un raffinatissimo accento bostoniano. Un’ora dopo, scrive Scott Fitzgerald, rimasi di stucco vedendo quella stessa persona parlare con gli sguatteri. Adesso pretendeva di essere un democratico e si esprimeva in un accento rozzo come fosse uno del popolo. È questa la prima volta in cui si fa caso a Leonard Zelig.”

Si tratta ovviamente dell’arguto film di Woody Allen. Meno paradossale di quello che appare. Anzi, nient’affatto paradossale.

Facciamo un esperimento. A un gruppo di volontari viene chiesto di pensare a degli scienziati e, giusto per rafforzare l’idea, chiediamo loro di scrivere di getto delle frasi su ciò che stanno pensando. A un altro gruppo, del tutto identico al primo, viene chiesto di pensare a degli hooligan e scrivere delle frasi. Subito dopo, a entrambi i gruppi viene sottoposto un test di cultura generale. I due gruppi per ogni altro aspetto sono del tutto omogenei, quindi è ragionevole pensare che ottengano più o meno lo stesso punteggio al test. E invece no. Il gruppo di coloro che poco prima del test ha pensato agli scienziati ottiene sistematicamente un punteggio più alto. Che cosa è successo? Semplicemente i membri del primo gruppo si sono immedesimati negli scienziati. Meglio e più rapidamente di Leonard Zelig.

Gli esseri umani hanno una straordinaria capacità di immedesimarsi negli altri. Romanzieri e drammaturghi lo sanno da sempre, gli scienziati solo una quindicina di anni fa.

Nei primi anni Novanta, all’Università di Parma, un gruppo di scienziati faceva esperimenti mettendo degli elettrodi nel cervello dei macachi. Studiavano una parte della corteccia che sapevano essere collegata all’esecuzione dei movimenti delle braccia. Quando la scimmia afferrava un oggetto registravano il segnale elettrico. Un giorno si accorsero di una cosa insolita: il macaco era collegato al computer con gli elettrodi inseriti nella corteccia pre-motoria, nella zona deputata al movimento delle braccia. Uno sperimentatore, davanti alla scimmia, prese in mano una nocciolina. Il computer registrò uno stimolo elettrico nel cervello, come se fosse stata la scimmia ad afferrare la nocciolina. Quella fu la prima osservazione sperimentale dei neuroni specchio: probabilmente la più importante scoperta mai fatta nel campo delle neuroscienze. Nel mio romanzo non ho resistito a immaginare una scena in cui Giulia Perego, brillante e bellissima scienziata, incontra Giacomo Rizzolatti, lo scopritore dei neuroni specchio.

 

1 COMMENTO A “Zelig, la letteratura e la scienza”

  1. Diego 1 giugno 2011 alle 13:05

    vorrebbe dire che immaginare di fare le pulizie, almeno nel mio cervello, potrebbe equivalere a farle davvero? dite che me la posso rivendere con la mia ragazza?

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