I sopravvissuti

26 giu

Nel 1975 la BBC produsse una serie televisiva di grande successo dal titolo Survivors che descriveva le vicende di un gruppo di  sopravvissuti dopo una catastrofe mondiale. Eravamo in piena Guerra fredda, l’apocalisse nucleare sembrava imminente, l’Italia era sulla linea del fronte, tra NATO e Patto di Varsavia. Inizialmente la RAI non acquistò la serie, troppo inquietante per la paternalistica televisione di Stato. La tv della Svizzera italiana, allora captabile in quasi tutta la penisola, non ebbe però gli stessi scrupoli; quattro anni dopo, anche la RAI si decise a mandare in onda le sole due prime serie, seppur con pesanti tagli e accorpamenti tra episodi diversi. Malgrado il discreto successo, la RAI non trasmise mai alcuna replica.

Ora, la catastrofe iniziale a cui la serie fa riferimento non è la guerra atomica, ma un virus sfuggito da qualche laboratorio. La vera ragione di questa scelta fu, per ammissione degli stessi produttori, più che altro economica: la ricostruzione di uno scenario devastato dalle bombe sarebbe stata enormemente più dispendiosa. Ma, forse involontariamente, la finzione ancora una volta aveva anticipato la realtà. A partire dal 1972, in gran segreto, l’Unione Sovietica aveva cominciato a realizzare su larga scala uno spaventoso e micidiale armamento batteriologico. Meno di dieci anni dopo sarebbero stati sperimentati missili con testate provvisti di vani refrigeranti che avrebbero potuto infettare la maggior parte della popolazione dell’Occidente.

All’epoca ero un ragazzo di 11 anni sensibile e preoccupato per le sorti dell’umanità: rimasi molto impressionato da quella serie. A distanza di trenta anni, quelle immagini lontane, sedimentate nei miei ricordi, mi sono riaffiorate nitide mentre rileggevo il capitolo dell’Anomalia sull’isola di Vozroždenie nel Mar d’Aral.

 

2 COMMENTI A “I sopravvissuti”

  1. Massimiliano 27 giugno 2011 alle 13:38

    Grazie per aver riportato alla luce i polverosi ricordi di questi vecchi telefilm.
    Volevo anche dirti che leggerò presto il tuo romanzo, l’ho visto oggi in libreria e mi ha molto incuriosito. Ti faccio i miei migliori auguri per la tua nuova carriera di scrittore e per la tua carriera accademica, felice di avere – magari in piccolissima parte – contribuito a fartele scegliere quando ti illustrai tutti i “guasti” della vita in azienda, durante quel breve periodo in cui siamo stati colleghi, ormai un mucchio di anni fa.

    • Massimiliano Pieraccini 29 giugno 2011 alle 23:47

      Nel lontano novembre 1996, fresco di laurea, per la prima volta andai a Erice come partecipante a una scuola per giovani ricercatori. Lo spunto del romanzo (sebbene scritto più di dieci anni dopo) è stato quel viaggio. Seguivo le mie lezioni, rapito da quell’ambiente, ma con la consapevolezza che forse non sarebbe stata la mia vita perché avevo già in tasca la proposta di una grande multinazionale nel settore dell’elettronica. La settimana dopo il mio ritorno da Erice ho cominciato la mia breve carriera aziendale. Ho un bel ricordo dei miei colleghi, ma tre mesi dopo decisi che non era quella la mia vita. Allora come oggi non era facile per un laureato in fisica trovare un posto di lavoro e a pensarci a freddo sono stato un pazzo incosciente. Qualcuno ha detto: “La vita è pochi eventi che determinano il corso dell’intera esistenza, il resto è riempitivo”. Ho l’impressione che sia proprio così.

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