Nuclearista?

26 mag

Ieri è uscito un articolo su “Il Giornale” dal titolo Quel thriller pro-atomo di cui nessuno ha voglia di parlarvi. La giornalista parla bene del mio romanzo, non ho da lamentarmi. Però un paio di precisazioni proprio sì.
Innanzi tutto vorrei chiarire che L’anomalia non è un romanzo a tema sul nucleare (pro o contro): è un thriller che parla di scienza, di scienziati e, tra le altre cose, di energia nucleare e della tragedia di Chernobyl. Semplicemente perché è funzionale alla trama, non viceversa.
Inoltre, visto che vengo chiamato in causa, vorrei spiegare chiaramente la mia posizione sul ritorno al nucleare. L’Italia è stata uno dei primi Paesi a puntare su questo tipo di energia. Nel 1963 soltanto tre stati al mondo avevano centrali nucleari commerciali: Stati Uniti, Inghilterra e Italia. Nel 1987, pur dopo alterne vicissitudini, l’Italia aveva un’industria nucleare importante e competitiva. Poi, con il referendum, abbiamo deciso di gettare via tutto. Sicuramente è stato una follia e uno spreco immane, ma oggi tornare indietro è ugualmente follia. Un settore industriale già maturo come il nucleare, non diversamente da altri grandi settori, richiede colossali investimenti per superare il gap iniziale e arrivare alla competitività. Un traguardo che adesso l’Italia neanche può sognare.  Semmai, se proprio volessimo, potremmo pensare di comprare chiavi in mano una centrale dalla Francia e farcela costruire a Caorso o a Trino Vercellese. Ma che senso avrebbe?

29 COMMENTI A “Nuclearista?”

  1. Cinzia 27 maggio 2011 alle 11:50

    ma allora per l’Italia è solo una questione di riuscire o meno a essere competitivi? e dei rischi non parliamo?

    • Massimiliano Pieraccini 27 maggio 2011 alle 17:56

      A mio avviso i rischi del nucleare non sono diversi dai rischi di qualunque altro grande settore industriale. In Italia il peggior disastro industriale è stato il crollo della diga del Vajont: 2500 morti. Solo due anni fa l’esplosione di un convoglio di GPL a Viareggio ha provocato 14 morti. Nel resto del mondo la situazione non è molto diversa. Il peggior disastro di tutti i tempi è stato il crollo di un sistema di dighe in Cina negli anni Settanta che ha provocato 20000 morti. Con il rischio dobbiamo pur conviverci. Tutti sappiamo che l’attività più pericolosa con cui abbiamo a che fare nella vita di tutti i giorni è guidare la macchina, ma pochi ci rinunciano per il rischio che comporta. La questione è valutarlo correttamente. La percezione del rischio è un’altra questione.

  2. A.B. 27 maggio 2011 alle 12:10

    Quindi lei sostiene che il risultato del referendum degli anni ’80 abbia avuto degli effetti negativi per l’Italia? E cosa pensa della consultazione del prossimo giugno? Anche se ora pare che il quesito sul nucleare non ci sia più…
    Cordialmente,
    A.B.

  3. E 27 maggio 2011 alle 22:27

    Per quanto mi riguarda non credo affatto che i rischi del nucleare siano comparabili con quelli di qualsiasi altro settore. Non credo sia necessario argomentare questo fatto, ma per essere più chiaro facciamo l’esempio del Vajont (citato come peggior disastro industriale italiano); se al posto di una diga fosse esplosa una centrale nel medesimo punto, mi sembra scontato dire che i danni sarebbero stati infinitamente più gravi, non solo per il nostro paese ma anche per tutta l’Europa e non solo per le vittime del momento, ma anche per i loro figli. Ovvero i rischi di un’esplosione non sono mai circoscritti a piccole zone spaziali o temporali, come avviene per quasi ogni altro incidente industriale.

    Premetto: non sono anti-nuclearista in maniera cieca. Penso che se si potesse costruire una centrale in una zona veramente sicura dal punto di vista dei disastri ambientali (terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, incendi, frane, ecc.), costruita con tutti i crismi, gestita con tutti i crismi, e se tale centrale producesse comunque energia molto più conveniente rispetto a qualsiasi tipo di energia rinnovabile (considerando i costi di stoccaggio scorie e di smantellamento della centrale), allora credo che una tale centrale andrebbe costruita. Il problema è appunto che queste caratteristiche difficilmente possono coesistere, soprattutto in Italia (paese non idoneo né dal punto di vista ambientale, né dal punto di vista dell’affidabilità).

    Un’altra questione che invece viene spesso trascurata, è la ricerca sul nucleare. Sono abbastanza interessanti le nuove centrali a fissione, che utilizzano scorie come combustibile, e che potrebbero ridurre i tempi di stoccaggio delle scorie che già abbiamo prodotto da migliaia a centinaia di anni. Ma soprattutto è interessante rimarcare che potrebbero essere operative entro un’ottantina d’anni le centrali a fusione nucleare. Queste risolverebbero il problema dell’energia per tutta l’umanità e per l’eternità, senza alcun impatto ambientale a livello di scorie. Rimarrebbe il problema del pericolo d’esplosione (che potrebbe essere arginato scegliendo luoghi più idonei per la costruzione delle centrali), ma comunque in questo caso credo che il gioco valga la candela.

    Insomma credo che se dobbiamo ridurre tutto a uno slogan (come va di moda oggi) bisognerebbe dire:
    “no al nucleare ora, ma sì alla ricerca sul nucleare”.

    • Massimiliano Pieraccini 28 maggio 2011 alle 14:11

      Grazie per il suo ben argomentato commento. Cercherò di rispondere.
      2500 morti nel Vajont sono proprio tanti, un bilancio del tutto paragonabile a un disastro nucleare. Un incidente tremendo come Fukushima, anche quando si faranno i bilanci definitivi, non arriverà neanche lontanamente a una cifra del genere, probabilmente sarà più vicino al caso dell’esplosione di Viareggio che al Vajont. La questione degli effetti a lungo termine e a grande scala di un incidente nucleare è oggetto di accese discussioni a livello scientifico. Ma ciò che sembra emergere piuttosto chiaramente è che la natura (compreso il nostro organismo) sa rimarginare le sue ferite molto meglio e più rapidamente di quanto pensavamo (in fondo la vita convive da milioni di anni con un pianeta decisamente radioattivo).
      Sulla questione della ricerca, argomento che come può immaginare mi sta più a cuore, lo sviluppo di tecnologie per la produzione di energia atomica non è propriamente ricerca di base, ma sviluppo tecnologico. In questo campo ha poco senso investire se non si ha intenzione di sfruttare appena possibile i risultati. Se non siamo sicuri di volere centrali nucleari in Italia meglio usare gli esigui fondi per la ricerca in altri settori. La mia opinione è che l’Italia avrebbe bisogno di un grande piano nazionale energetico (come se ne sono fatti fino agli anni Ottanta) che decida su quale tecnologia puntare per il futuro (perché è evidente che non possiamo continuare con i combustibili fossili) e poi avere il coraggio e il sangue freddo di investirci grandi cifre per tutto il tempo che sarà necessario per raggiungere la competitività.

  4. Elisa 28 maggio 2011 alle 10:14

    nucleare NO.
    non c’è altro da dire.
    il resto sono chiacchiere.

  5. Daniele A. Gewurz 28 maggio 2011 alle 14:58

    @Elisa: È bello vedere un ragionamento così ben argomentato, sostenuto e convincente: complimenti!

  6. Roberto 28 maggio 2011 alle 18:42

    Qualche dato su Černobyl’
    Tratto da wikipedia:
    Il rapporto ufficiale[2] redatto da agenzie dell’ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre) stila un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza e altri 4.000 presunti (che non sarà possibile associare direttamente al disastro) per tumori e leucemie su un arco di 80 anni.

    Tutto questo per la precisione.

  7. Prof. Brunelli 30 maggio 2011 alle 10:18

    Intanto la Germania farà a meno del nucleare.
    http://www.repubblica.it/ambiente/2011/05/30/news
    In effetti, la domanda è: come recupereranno quel 22% di energia di cui hanno deciso di fare a meno?

  8. Guido 6 giugno 2011 alle 10:13

    Permettimi il tu (visto che ci conosciamo da anni!) e di dirti che, sul nucleare, si trascurano pochi e semplici concetti. Al di la’ dei disastri ambientali, che hanno giustamente risonanza e scuotono le coscienze, sono i rischi intrinseci che dovrebbero preoccupare maggiormente, anche perche’ spesso taciuti ai più. Ad esempio, le centrali nucleari producono scorie, fardello pesante sulle spalle delle generazioni future! E, per quanto si dica o si scriva, la fissione e’ un processo difficilmente controllabile. Perche’, allora, non indirizzare le ricerche sulle rinnovabili migliorandone l’efficienza?

    • Massimiliano Pieraccini 6 giugno 2011 alle 11:40

      Sulle rinnovabili mi trovi perfettamente d’accordo. Come ho già scritto, se non abbiamo intenzione di realizzare centrali nucleare, fare ricerca nel settore sono solo soldi buttati. Però non è vero che le scorie siano un problema insolubile. Una centrale nucleare da 1 GW elettrici produce circa trenta tonnellate di combustibile irraggiato all’anno (pochi metri cubi di materiale) che è veramente poca cosa rispetto alle milioni di tonnellate di rifiuti altamente tossici che comunque la nostra industria produce. Se poi il combustibile viene ritrattato (come fanno i francesi) le quantità da smaltire sono ancora più ridotte. La soluzione per lo smaltimento è molto semplice ed è la stessa adottata per tutti i rifiuti pericolosi: si scava una buca
      molto profonda e si chiudono dentro senza pericolo per nessuno. E, anche se se ne parla poco, c’è almeno un esempio di smaltimento corretto e definitivo: il WIPP (Waste Isolation Pilot Plant) in New Mexico, funziona da anni e smaltisce tutte le scorie nucleari prodotte dall’industria bellica USA. Certo, c’è anche un esempio di totale fallimento (e di cui si è tanto parlato), la miniera di Asse in Germania, da dove i fusti dovranno essere rimossi e questo è proprio il genere di leggerezze che ha minato la fiducia della gente nel nucleare.

  9. Guido 6 giugno 2011 alle 21:14

    E’ proprio il fatto di scavare un buco profondo per metterci le scorie che non funziona…non so se la miniera in Germania è la stessa di cui parli tu, ma so di un sito in cui la falda si è alzata ed ha allagato le gallerie in cui il materiale è stoccato. Risultato? Corrosione dei cemento armato e possibile inquinamento della falda…

  10. Claudio 7 giugno 2011 alle 00:58

    Mi pare improprio che la fissione sia un processo difficilmente controllabile. Si controlla benissimo almeno sui reattori attuali. Tant’è che l’incidente di Fukushima è stato di tutt’altra natura.

    Circa la ricerca sulle rinnovabili mi sembra che si investa parecchio in tutto il mondo. Tuttavia la ricerca non può eliminare i limiti intrinseci delle diverse fonti rinnovabili. Quali la disponibilità limitata in funzione del territorio (l’eolico dipende dal cubo della velocità del vento… e le carte del vento sono spietate contro l’Italia), l’intermittenza di alcune di queste fonti, ecc. Possono dare un bel contributo (in primis l’idrico, come già avviene, e poi l’eolico), ma più di tanto non si può fare e non possono sotituire le fonti tradizionali, disponibili, garantite, controllabili ed anche meno costose.

  11. FemtoTera 7 giugno 2011 alle 08:03

    “…si scava una buca MOLTO profonda e si chiudono dentro senza pericolo per nessuno…”
    Quanto profonda? 10m, 100m, 1km? Arriviamo al mantello?
    Ma soprattutto dove? Nel deserto? In un isola sperduta nell’oceano? Oppure nel giardino di casa?
    Mi sembra che fino ad ora si siano utilizzate le miniere abbandonate (soprattutto quelle di sale per ovvi motivi) proprio perchè in questo modo si risparmia la fatica (ed il costo) associato all’escavazione.
    Perchè una buca dovrebbe essere meglio? E soprattutto, quale sarebbe il posto ideale secondo lei per farla?

    • Massimiliano Pieraccini 7 giugno 2011 alle 15:08

      Le miniere abbandonate si sono rivelate un errore, costano poco ma difficilmente hanno tutte le caratteristiche necessarie e la lezione della miniera di Asse in Germania è stata terribile. L’unica soluzione che per ora è stata sperimentata senza inconvenienti è un deposito a 600 metri di profondità nel deserto del New Mexico (il WIPP). Un secondo deposito è in costruzione nel deserto del Nevada (Yucca Mountain). Sono sono state considerate molto seriamente molte possibilità, anche le più fantasiose: dai lanci verso il sole a pozzi di migliaia di metri. Una delle migliori soluzioni che è stata studiata a lungo senza trovare problemi insolubili o criticità è il seppellimento nelle argille dei fondali oceanici (sotto un centinaio di metri di argilla). Ci sono zone degli oceani che sono l’equivalente marino dei deserti terrestri e inoltre hanno il grande vantaggio di essere ricoperti da imponenti strati di argilla che è una meravigliosa colla naturale in grado di intrappolare qualunque cosa al suo interno.
      L’altro grande vantaggio è che l’oceano è già una buca molto profonda (per usare l’espressione colorita di cui sopra), eventuali sversamenti vanno verso il basso e l’acqua sta sopra e non sotto. La scelta del deserto fu preferita perché appariva più semplice. Con il senno di poi, considerata la forte opposizione delle comunità locali di qualunque sito si scelga (per quanto remoto), quella dei fondali oceanici sarebbe stata una soluzione migliore.

  12. Paolo Frullani 7 giugno 2011 alle 08:23

    Dal ’74 fino alla pensione (ed anche dopo) ho lavorato per l’industria nucleare; fino all’87 in Italia e dopo il referendum in Francia, Ukraina e Slovacchia. Posso dire, senza essere un nocciolista, di conoscere abbastanza bene un buon numero di tipi di reattore nucleare. Oggi la gente ha paura, per quello che è successo nell’86 a Chernobyl e quest’anno a Fukushima; nel contempo nessuno si ricorda dell’incidente di Three Mile Island negli USA, dove il reattore ha avuto la fusione del nocciolo (cioè il peggior incidente concepibile), ma nemmeno un curie è uscito dalla centrale danneggiata (a Chernobyl ne sono usciti milioni!). Three Mile Island è il tipo di reattore più diffuso in occidente, ed in ogni caso da allora enormi progressi in materia di sicurezza sono stati compiuti. Per riassumere, l’opinione pubblica, in genere, si rifà a tipi di reattore mai utilizzati in occidente (Chernobyl) o a incidenti che oggi sarebbero largamente ipotizzati, e quindi parati, come a Fukushima. Ecco, il mio voto sul prossimo referendum, avrebbe lo stesso valore di quello del 99.99% degli italiani, assolutamente digiuni di tecnica, di sicurezza e di impatto ambientale di un reattore nucleare. Non andrò a votare, spero ardentemente che il quorum non sia raggiunto

  13. FemtoTera 7 giugno 2011 alle 20:16

    Tornando alle tecniche di sotterramento delle scorie, la soluzione di impiegare i fondali oceanici penso che sarebbe effettuata (per ovvi motivi) a distanze superiori di 200 miglia dalla costa, quindi in acque internazionali.
    La fattibilità dell’applicazione di questa tecnica di stoccaggio da parte di una nazione si scontrerebbe quindi con l’articolo 136 della Convenzione di Montego Bay.

    • Massimiliano Pieraccini 8 giugno 2011 alle 11:38

      Anzi, proprio grazie alla Convenzione di Montego Bay sulle acque internazionali, sarebbe possibile realizzare un unico deposito internazionale, invece di decine di piccoli, costosi e meno sicuri depositi nazionali.

  14. Renzo 9 giugno 2011 alle 12:53

    Secondo me il punto è che esistono energie migliori di quella nucleare. Energie meno rischiose, più pulite. E spenderei per sviluppare quelle.

  15. Linda B 9 giugno 2011 alle 18:04

    inviterei tutti a guardare questo:
    http://www.nazioneindiana.com/2011/06/09/rifiuti-lincubo-del-nucleare-di-eric-gueret-e-laure-noualhat/

  16. rebelrebel 11 giugno 2011 alle 09:29

    che il nucleare sia conveniente è un luogo comune. certamente lo è per le imprese che si aggiudicano gli appalti, dato che l’investimento iniziale per la costruzione di una centrale è tale da rendere indispensabile l’intervento con denaro pubblico. e la pretesa da parte del governo italiano di affidare tutto ai capitali privati è pura propaganda. il nucleare potrebbe essere economicamente competitivo con altri sistemi, come il petrolio o il carbone, ma se ai circa tre miliardi di costi iniziali per la realizzazione della centrale si aggiungono quelli per la dismissione degli impianti una volta esaurito il ciclo produttivo, i costi lievitano sino a 5 MILIARDI.

  17. rebelrebel 11 giugno 2011 alle 09:33

    e poi, a proposito delle scorie, dimentichiamo che anche se dal 1987 abbiamo abbandonato ogni progetto nucleare, non ci siamo liberati dalle conseguenze, dato che conserviamo 75.000 metri cubi di rifiuti radioattivi nelle centrali dismesse, con una situazione esplosiva a Saluggia, in provincia di Vercelli, dove sono depositate barre di combustibile di vecchie centrali, fusti di rifiuti liquidi ad altissima radioattività e cinque chili di plutonio. una vera e propria bomba ecologica a soli 20 metri dalla Dora Baltea e a 1600 metri dall’acquedotto del Monferrato.

  18. Paolo 12 giugno 2011 alle 13:11

    Le Vorrei citare un testo…
    Le radiazioni di Chernobyl hanno ucciso più di un milione di persone. Alexey Yablokov e Alexey Nesterenko. New York, 26 aprile 2010

    • Massimiliano Pieraccini 13 giugno 2011 alle 16:23

      Non è certo l’unico articolo che stima un milione di morti, in realtà si trovano articoli che parlano di qualunque cifra tra 65 morti e 10 milioni. Ma la domanda è: perché enorme differenza tra fonti diverse? Ma il metodo scientifico non esige la precisione, possibile queste cifre così diverse? A questo proposito vorrei fare una precisazione.
      Quando si parla di effetti sulla popolazione (sia che si parli di radioattività, onde elettromagnetiche dei cellulari, nanoparticelle in atmosfera, erbicidi, farmaci eccetera) si distingue chiaramente tra morti effettive (persone con un nome e cognome, se così mi posso esprimere) e stime. Le prime sono certe e su quelle non si discute (65 sono quelle di Chernobyl), le altre sono frutto delle assunzioni che decidiamo di fare. E’ un fatto della vita che le persone si ammalino, un quarto della popolazione nel corso della vita prima o poi ha a che fare con una forma di cancro (fortunatamente nella maggior parte benigno!): in questo mare magnum non è proprio possibile distinguere una causa dall’altra: tizio avrà avuto un tumore perché ha preso una piccola dose di radiazione, o perché fumava troppo, o perché non mangiava mai verdura, o perché usava troppo il cellulare o solo perché geneticamente predisposto? Nessuno può dirlo con certezza. Ci piacerebbe molto poterlo fare, ma non è proprio possibile, la natura è così. Però possiamo fare delle stime a partire da estrapolazioni. Ad esempio possiamo supporre che se una dose di 500 rem uccide il 50% della popolazione esposta, una dose di 1 rem uccide una su mille e una dose di 1millirem una su un milione. Sembra un ragionamento sensato, ma ha un problema: non prevede nessun effetto soglia e quindi una qualsivoglia piccola irradiazione su una grande popolazione dà come risultato molte migliaia (o milioni) di morti. In realtà sappiamo che un valore di soglia ci deve essere, perché nessuno ha mai osservato una variabilità nei tassi di tumori tra regioni con diversa radioattività ambientale. Malgrado ciò, talvolta si fanno queste estrapolazioni per avere un valore massimo, pur sapendo che il valore effettivo sarà molto più basso. Quando si legge milioni di morti di solito è il risultato di questo calcolo (senza l’avvertenza che è solo un calcolo nella peggiore delle ipotesi). Tutti gli altri valori si ottengono spostando la soglia. Il problema è che nessuno sa con certezza dove sia questa soglia, semplicemente perché è confusa in modo inestricabile insieme alle soglie di tutte le altre possibili cause di tumore. Insomma non sappiamo con certezza quanti morti aggiuntivi ha provocato Chernobyl e il calcolo è reso molto più complesso dal fatto che negli anni successivi, con il crollo dell’Unione Sovietica, le condizioni di vita nella regione sono peggiorate per tutti e le altre possibili cause di tumore sono aumentate rendendo il groviglio ancora più inestricabile. Mi rendo conto che non è la risposta che vorremmo sentirci dire dagli scienziati, ma è l’unica che abbiamo.

  19. fernando c 14 giugno 2011 alle 08:02

    apprezzo molto chi dà risposte sincere, anche quando non sono quelle che vorremmo sentire. ma penso che probabilmente il numero di morti non sia né 64 né un milione, bensì un numero che sta a metà (non so a che punto, se più verso un polo o verso l’altro, comunque molto morti…

    • Massimiliano Pieraccini 14 giugno 2011 alle 11:58

      Sì, certo. Comunque sia, molti morti. Troppi.

  20. Mirco Zanchi 15 giugno 2011 alle 11:35

    Ho appena finito di leggere il suo libro e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso sia per quanto riguarda la trama, sia per quanto riguarda le digressioni di carattere energetico e storico che affronta nel corso della storia.
    Io sono un ragazzo nato nel 1989 e, ovviamente, ho vissuto l’incidente di Chernobyl solo attraverso i racconti dei miei genitori e varie ricostruzioni (più o meno di parte) trovate su vari libri. Quindi la mia conoscenza dei fatti è quantomeno parziale e influenzata da ciò che ho letto e sentito.
    Negli ultimi tempi ho seguito molto i dibattiti televisivi e ho letto molti saggi sull’energia nucleare per arrivare preparato al referendum del 12 e 13 Giugno.
    Sicuramente il suo libro mi ha aperto gli occhi su quanto i rischi del nucleare sono stati gonfiati da una retorica catastrofista, volta alla demonizzazione dell’Atomo, e da una classe politica (quasi) digiuna di conoscenze tecniche in ambito energetico. Però, nella mia ricerca di informazioni sul tema, mi sono anche imbattuto in un articolo che parlava della recente scelta da parte del governo svizzero e del governo tedesco di spegnere progressivamente i loro reattori nucleari. La scelta della Germania non è da prendere in considerazione da un punto di vista tecnico, perché fortemente condizionata da logiche politiche da parte del governo Merkel, che con questa decisione potrà allargare la sua coalizione ai Verdi.
    Piuttosto, ho prestato molta attenzione alle motivazioni del governo svizzero che mi sono sembrate molto valide. Infatti, la Svizzera ha deciso di spegnere i suoi cinque reattori entro il 2034, perché, dopo i fatti di Fukushima, la richiesta di sicurezza da parte della popolazione e da parte dei tecnici porterà ad un notevole aumento del prezzo dell’energia prodotta dal nucleare, oltre all’aumento di richieste di indennità da parte del personale impiegato nel campo nucleare, che faranno decrescere l’economicità di tale fonte.

    • Massimiliano Pieraccini 15 giugno 2011 alle 15:29

      Sì, gli svizzeri hanno colto il vero punto della questione, valido a maggior ragione anche per l’Italia: i criteri di sicurezza in ambito nucleare sono già severissimi e costosissimi (pensi solo che se si applicassero gli stessi limiti di emissione di radioattività alle centrali a carbone, le cui ceneri sono debolmente radioattive, dovremmo chiuderle tutte). L’ulteriore inasprimento sull’onda emotiva di Fukushima potrebbe portare il settore completamente fuori mercato. E questa è una delle ragioni per cui non avrebbe avuto senso tornare al nucleare in Italia.

  21. xenia 23 dicembre 2011 alle 15:49

    Peccato che qualcuno ci stava già pensando.
    Ovvero il programma del governo Berlusconi, in sinergia con Ansaldo Energia, era di acquistare 8 progetti completi di centrali ( 4 del tipo americano e 4 del tipo francese) e farle costruire negli stabilimenti di Ansaldo Energia qui a Genova. Ansaldo Energia è diretta dall’Ing. Zampini, appunto un ingegnere nucleare, che, pur nell’abbandono da perte del governo italiano trent’anni fa del nucleare, è riuscito lo stesso a far lavorare lo stabilimneto con la costruzione di turbine pressochè in tutto il mondo. Ma il primo amore non si scorda mai…

    L’incidente di Fukushima ha però rotto le uova nel paniere a tutti quanti. E la casa dell’ex ministro Scajola ha avuto il suo peso nel mandare a monte il progetto.

    Io non ho votato, sperando che non si raggiungesse il quorum… ma il popolo italiano era così felice di votare quattro referendum praticamente incomprensibili…

    Sostanzialmente, secondo me, il referendum ci condanna ad una situazione enrgetica di estrema debolezza. Tutti saremmo felici di utilizzare fonti rinnovabili… ma non so quanto l’idroelettrico possa essere ancora potenziato : ovvero se ci siano corsi d’acqua a sufficienza per alimentare le turbine… mi andrebbero anche bene le torri eoliche : ho visto in televisioni parchi di otrri eoliche posti nei basi fondali marini… uno spettacolo suggestivo e nessun disturbo per la popolazione.

    Mi sembra di aver sentito da persone che lavorano ad Ansaldo Energia che invece i pannelli fotovoltaici siano destinati ad una vita non troppo lunga : ragion per cui anche il loro smaltimento diventa problematico nel momento in cui sia terminato il loro ciclo vitale … la verità però è che le centrali a carbone o a petrolio sono, forse il mezzo più costoso e più politicamente problematico per produrre energia. Non dimentichiamoci che i combustibili fossili sono destinati all’esaurimento.

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