Fabio Moebius

15 giu

Fabio Moebius è un geniale hacker che Massimo Redi, il protagonista del romanzo, trova al suo arrivo all’aeroporto di Palermo. Sono entrambi diretti a Erice per partecipare a un convegno scientifico sulle emergenze planetarie. Fabio era stato un suo studente, tra i migliori. Solo grazie a lui Massimo era riuscito a pubblicare un articolo su una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo.

Quando ho cominciato a scrivere questo romanzo, Fabio era una figura minore, poco più di una “spalla”, ma con il tempo è diventato il personaggio verso cui ho più simpatia: intelligente, imprevedibile e allo stesso tempo fragile. Con lui ho un po’ voluto riscattare i tanti bravi studenti che ho avuto, malgrado tanta “cattiva stampa” su di loro. È quasi un refrain: oggi gli studenti non sanno più niente, non studiano, non s’impegnano. Lo sento dire quasi tutti i giorni. Ma non sono d’accordo. Gli studenti sanno altre cose, non quelle che vorremmo noi professori. Sono meno ossessionati di noi dalla ricerca del senso nella profondità.

Faccio un esempio che mi è familiare. I fisici delle particelle nei grandi acceleratori studiano la materia a scale sempre più piccole, usando energie sempre maggiori alla ricerca della “teoria del tutto”. È una ricerca nobile e affascinante, ma quando avremo questa “teoria del tutto” poco ci dirà sulla realtà a scale diverse: sulla vita, sull’intelligenza, sulla società. Queste cose sono a un livello “più superficiale” ma non meno privo di significato. Ecco, Fabio è poco interessato alla profondità (non si interessa di filosofia né tantomeno di storia e letteratura), ma va piuttosto alla ricerca del senso nelle relazioni: nelle “grandezze aggregate” di Internet, per citare ciò che è andato a studiare a Stanford con una borsa di studio che gli ha procurato il suo professore. L’ennesima “fuga dei cervelli” di questa nostra Italia sprecona di talenti.

3 COMMENTI A “Fabio Moebius”

  1. Lorenzo 16 giugno 2011 alle 12:29

    Se posso permettermi di indossare i panni di Fabio o di un qualsiasi altro studente italiano oggi, credo che l’interessa alla profondità debba essere stimolato da un buon maestro.

    Sono un suo studente di Tecnologie per i beni culturali e ambientali. Fino all’inizio del corso ignoravo totalmente la materia ne tantomeno nutrivo interesse riguardo gli argomenti trattati poichè venivo da tutt’altro campo; invece sono bastati 3 mesi di lezioni et voilà, la mia curiosità è stata stimolata e, intanto sosterrò l’esame, poi chissà…

    Io credo si “cattiva stampa” degli studenti italiani, ma anche alla poca stima nei nostri confronti e al solo desiderio di ricerca della maggior parte degli insegnanti. Secondo me, spesso viene meno la indole di maestro e più quella di scienziato.
    Cosa, a mio modesto parere, controproducente per gli studenti e naturale conseguenza della famigerata “fuga di cervelli”.

    Forse Fabio, oltre ad avere avuto meriti reali sulle sue capacità ha anche avuto fortuna a trovare una persona che ha creduto in lui…

  2. Gawain 16 giugno 2011 alle 14:58

    Come non concordare con le parole scritte dal collega e dal professore.
    Non è gratificante per uno studente, quindi una persona ancora impegnata nel percorso di studio, e bombardata quotidianamente dai concetti più variegati e talvolta bizzarri, essere considerata una capra più o meno velatamente dal docente di turno, che avendo per anni avuto a che fare con la propria materia, ormai l’ha domata, e gioca con i concetti come un prestigiatore fa apparire e scomparire i conigli.
    Se poi si aggiunge il ben noto nemo propheta in patria, vien da sè la fuga dei cervelli, e nel loro piccolo degli studenti verso docenti di altri corsi che vogliano dar loro un’opportunità.

    E’ lo stesso principio per la quale ci arrabbiamo quando un principiante causa una fila a causa dell’inesperienza nella guida. Ci arrabbiamo, senza ricordarci della fatica e degli sbagli fatti quando eravamo noi nei suoi panni.

    Molte volte gli studenti desiderano solo un pò di fiducia, tempo (perchè i frutti non nascono il giorno dopo aver piantato il seme) e occasioni che l’università spesso pare non possa offrire.

  3. rodd 4 agosto 2011 alle 10:18

    Ho letto quello ha scritto di Escher… quindi immagino che il cognome Moebius non sia affatto una scelta casuale… Il suo NASTRO è geniale!

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