Effetto annuncio e scoperte scientifiche

4 apr

Il 10 marzo 1989, Martin Fleischmann dell’Università di Southampton in Inghilterra e Stanley Pons dell’Università dello Utah, annunciarono alla stampa di aver scoperto la cosiddetta “fusione fredda”, ovvero un modo per creare energia illimitata, senza rischi e a basso costo: la scoperta del secolo, la soluzione a tutti i problemi del mondo. La notizia ebbe un’immensa risonanza, non era l’annuncio del solito esaltato, ma di due scienziati seri e stimati.  Per di più la scoperta appariva inquadrata in un contesto teorico piuttosto ragionevole sia pur ipotetico. L’impressione è che si trattasse di una genuina scoperta rivoluzionaria. Per settimane non si parlò d’altro. Finalmente, il 10 aprile fu pubblicato il primo articolo scientifico su una rivista con revisori anonimi (peer-reviewed) dove si illustravano i dettagli della scoperta. Questo passo è fondamentale nella prassi scientifica, il fatto che uno scienziato sostenga un’idea o rivendichi una scoperta non vuol dire nulla finché questa non viene pubblicata su una rivista scientifica riconosciuta subendo l’attenta revisione di 2 o più revisori anonimi esperti nel settore scelti dalla rivista stessa. Il confronto con i colleghi è il fondamento della scienza. Una scoperta è tale solo quando ha passato il vaglio serrato dello scetticismo dei colleghi. La pubblicazione di tutti i dettagli è il primo passo. Il secondo, non meno importante è la verifica di ripetibilità. Scienziati non coinvolti nel primo esperimento provano a ottenete in modo indipendente gli stessi risultati. Solo a quel punto si parla di una vera scoperta scientifica e agli scopritori vengono tributati gloria e onori. Se le cose fossero andate così a Fleischmann e Pons avrebbero il premio Nobel e sarebbero oggi del novero dei benefattori dell’umanità. Purtroppo le cose sono andate diversamente. I risultati della prima pubblicazione non sono mai stati ripetuti in modo convincente ed oggi il caso “fusione fredda” è studiato in tutti i libri di testo come esempio classico di “scienza patologica”, ovvero di come le ragionevoli aspettative e speranze dello scienziato possono finire, come un boomerang, per rovinarne la reputazione e la carriera. Ripercorriamone insieme i punti salienti.
All’origine di tutto c’è un fenomeno fisico piuttosto sfuggente, difficile da misurare, al limite della sensibilità della strumentazione. Questo è praticamente la norma al confine della scienza, dove appunto operano gli scienziati. Le prime misure danno risultati ambigui che non escludono a priori il fenomeno. La possibile scoperta è importante e lo scienziato ha una fortissima pressione nell’ottenere un risultato. Gli scienziati non sono computer, hanno sentimenti speranze e ambizioni. Anzi non sarebbero buoni scienziati se non avessero una fortissima motivazione. Non è quindi insolito che lo scienziato si convinca che quei risultati così ambigui siano invece un’evidente conferma. Normalmente il passo successivo è la pubblicazione e la discussione. Nella maggior parte dei casi finisce che i colleghi scoprono un errore nella misura, ma nessuno gliene fa una colpa. Sono cose che succedono. Carlo Rubbia prima di fare la scoperta che gli dette il premio Nobel era noto per aver sostenuto e pubblicato un paio di solenni sciocchezze. Il problema nasce quando uno scienziato troppo sicuro di sé decide di non voler attendere la pubblicazione e le lunghe discussioni con i colleghi e annuncia pubblicamente il risultato alla stampa. E’ un passo molto rischioso e quasi sempre fatale. Quello scienziato può avere molta fortuna e magari la sua è veramente una grande scoperta. Ma è un evento molto raro. Anzi ad essere sincero non ricordo un solo caso di una scoperta annunciata prima sui giornali e poi pubblicata su una rivista scientifica che non si sia risolta in una bolla di sapone.


2 COMMENTI A “Effetto annuncio e scoperte scientifiche”

  1. Maurizio Gullo 6 aprile 2012 alle 16:50

    Penso che sia nella natura dell’uomo peccare di superbia…ognuno di noi in fondo anche inconsciamente spera di lasciare un segno indelebile nella storia dell’umanità, non tutti ci riescono (purtroppo!) ma tutti ci provano chi in un modo chi in un’altro.I due scienziati hanno peccato di superbia, ma a mio avviso senza esserne consapevoli accecati dall’incredibile risultato che la loro ricerca avrebbe potuto portare nella vita di ogni uomo.In fondo pensavano che dal giorno dopo la storia dell’umanità sarebbe cambiata, la loro mente è stata offuscata per un momento dalla possibilità di lasciare quel segno indelebile mettendo da parte tutti i passi che il metodo scientifico prevedeva e prevede tutt’ora. Risultato: il fallimento. L’effetto dell’annuncio scientifico in ‘pompa magna’ non è notizia da tutti i giorni anzi quando si sente qualche notizia su tg e giornali è perché sembrerebbe rivoluzionarsi il mondo (vedi neutrini)ed è proprio quello che ci affascina: la possibilità da parte dell’uomo di superare ogni limite; la ricerca di questo limite e il suo superamento porta però a commettere quelli errori che i due scienziati hanno commesso. Infine dirò una frase che molti criticheranno, ma penso che un pò di ‘spettacolarizzazione’ non possa nuocere alla scienza, anzi questo episodio come quello più recente dei neutrini, può svolgere il ruolo di motivatore e avvicinare la gente alla scienza…in fondo quante persone (me compreso!) si sono documentate in un modo o in un altro su cosa stava accadendo fra ginevra e il gran sasso…

  2. Onofrio Filoramo 17 aprile 2012 alle 09:58

    La scienza progredisce grazie all’adozione del metodo della falsificabilità di una teoria secondo la definizione del filosofo Karl Popper.
    Se questo metodo fosse applicato anche all’economia, alla politica, all’astrologia, alla religione etc. forse saremo liberi dai falsi miti che ci condizionano.

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