Ma è proprio tutta colpa di Benedetto Croce?

12 set

È ormai luogo comune affermare che la scarsa diffusione della cultura scientifica in Italia sia imputabile al filosofo Benedetto Croce che in effetti, senza far troppi giri di parole, disprezzava il sapere scientifico. Croce fu indubbiamente uno dei più influenti intellettuali del primo Novecento, ma da allora ne è passato di tempo e di riforme scolastiche. Che ancora oggi sia colpa di Benedetto Croce, a me pare una scusa. Eppure la cultura scientifica indubbiamente continua a rimanere quasi un corpo estraneo nella cultura dominante. Una persona che dichiara di non aver mai letto un verso di Dante è considerato un bifolco, un intellettuale che non sa citare nessuno dei principi di Newton è quasi fiero della propria ignoranza scientifica. Ma anche se il vezzo nazionale italiano è sostenere che nelle altre nazioni sviluppate le cose vanno sempre meglio, il problema non è solo italiano. La differenza tra Italia e Stati Uniti, Inghilterra o Francia a ben vedere è minima: la cultura è sostanzialmente umanistica ovunque nel mondo. La domanda, allora, è: perché?

Se ci mettiamo a un tavolo siamo tutti d’accordo che la scienza ci fornisce una conoscenza profonda della realtà, che la scienza è utile, che il lavoro dello scienziato è gratificante e relativamente ben pagato. Ma allora perché continuiamo a insegnare per lo più materie umanistiche ai nostri figli?

Qualcuno potrebbe dire perché sono più facili (la parola politically correct è “soft”), ma io non credo che lo siano realmente né che, se anche lo fossero, sia un fatto determinante: i ragazzi amano le sfide e le cose difficili.

La ragione secondo me è un’altra e ha a che fare con le opportunità di lavoro e la politica di assunzione dei sistemi scolastici di tutto il mondo. Semplificando al massimo, la formazione umanistica offre meno possibilità nel mercato del lavoro, quindi i letterati tendono a puntare soprattutto sull’insegnamento. I posti non sono molti, ma qualcuno ce la fa e questi, di norma, sono i migliori. Il risultato è che gli insegnanti di materie umanistiche sono in media meglio preparati e i più motivati rispetto ai loro colleghi di materie scientifiche, che hanno anche altre possibilità. D’altro canto, i ragazzi tenderanno ad amare e studiare maggiormente le materie degli insegnanti che stimano di più. Quando decideranno di iscriversi all’università un numero considerevole di essi sceglierà materie umanistiche e questo avrà due conseguenze: da un lato aumenterà ulteriormente la competizione e quindi la qualità degli insegnanti di lettere, dall’altro i letterati senza lavoro premeranno per una più larga politica di assunzioni nella scuola, soprattutto nelle loro materie. In entrambi i casi il risultato finale è un meccanismo che si autosostiene e che porta a una sproporzionata diffusione della cultura umanistica in Italia come all’estero.

3 COMMENTI A “Ma è proprio tutta colpa di Benedetto Croce?”

  1. Rosanna Aloi 12 settembre 2011 alle 22:48

    Devo assolutamente leggere il libro!!! Tutta vera, secondo me,la storia dell’insegnamento, è il mio lavoro,sono la classica maestra e sono fiera di esserlo, ma sono anche la “classica maestra” che pur non avendo una laurea,ma provenendo da famiglia con studi classici e fissazione con lingua italiana,ha sempre letto molto, ascoltato musica classica e, sin da piccola, opere del tipo Rigoletto e Aida,per dirne due a caso.Inoltre,per non farmi mancare nulla, mio nonno,che non ho conosciuto,ma del quale si parla ancora come uomo retto e insegnante perfetto,in quarant’anni di servizio non ha mai preso un giono per malattia, pur non avendo una laurea in lettere classiche, era un patito di greco e latino.In questo allegro contesto mi ero convinta di non capire nulla di matematica perchè nessuno me l’aveva mai fatta amare. Non è così! Ti innamori della materia perchè ti innamori dell’insegnante che sa capirti a prescindere dalla materia, che sa aiutarti a colmare le tue lacune e sa spiegarti bene il perchè di determinate regole e, se si insegna alla scuola primaria,i bambini assorbono veramente come le spugne e se ti sai rivolgere a loro con affetto tutto diventa facile, giocoso per te e per loro. La prova provata sta nel fatto che se non si impara alla scuola primaria la differenza tra “e”congiunzione e la “è” voce del verbo essere, di solito, non si impara più. Abito in Sicilia e c’è un trucco che funziona benissimo, fare tradurre “è” con “eni”, in dialetto. Funziona alla grande! In tutto questo, e da lì l’influenza della famiglia continua, ho un figlio che, a suo tempo, ha scelto di frequentare il liceo classico perchè c’erano solamente due ore di matematica nell’orario settimanale. Adesso, come gli dico sempre,è il signor teatro e varietà.Laurea triennale in arti e scienze dello spettacolo, alla Sapienza e scuola da Garinei.E alla domanda sul cosa avrebbe potuto fare oltre al teatro e/o simili, mi ha risposto:”Insegnare”.Non è il caso, non c’è più possibilità,non siamo più considerati educatori e lavoriamo solo perchè amiamo questa professione. Mi sto dilungando troppo…Domani di corsa ad acquistare il libro!E poi ho la seconda puntata..il secondo figlio aveva scelto il liceo classico, ma si è fatto bocciare per le assenze perchè un’insegnante faceva in continuazione i paragoni con il fratello maggiore. E via più veloci della luce!!!! Istituto Alberghiero, fisica, chimica e…comprensione. Gli insegnanti hanno in pugno l’opportunità di farsi voler bene o farsi odiare dagli alunni, ma spesso non se ne rendono conto! Sono “docenti”, ma spesso non capiscono i discenti che sono la fonte del loro stipendio. Non ditemi cattiva, purtroppo a volte è così.Ah,dimenticavo, mi sono auto specializzata in italiano.

  2. Giulia 16 settembre 2011 alle 16:28

    Trovo molto interessante la sua osservazione riguardo l’insegnamento delle materie umanistiche. Il post tocca per me un nervo scoperto: mi sono sempre chiesta da dove provenisse il diffuso rigetto verso la scienza. La mia aspirazione è diventare una scienziata, non mi è difficile capire che non tutti condividano la mia passione, tuttavia mi risulta incomprensibile lo sdegno con cui vengono trattate le discipline scientifiche: come può l’ignoranza essere un vanto?
    Un conto è riconoscere che la cultura umanistica sia globalmente più diffusa, un altro è capire perché laureati addirittura professori di lettere ostentino un vero e proprio disprezzo verso la scienza.
    A volte mi sono risposta che forse molte persone tendono a rigettare ciò in cui non riescono, per loro può essere una forma, un po’ puerile, di difesa: della serie “non è che non mi riesca, è che non ne vale la pena”.
    Da studentessa di chimica, non posso però smettere di provare irritazione di fronte a persone di tutte le età, anche miei coetanei ventenni, che non hanno la minima remora ad usare parole come “inutile” verso ciò che studio. Inoltre mi spiace notare che si tratta di ragazzi o adulti laureati (umanisti appunto); mi chiedo come ci si possa considerare persone colte avendo quell’atteggiamento sprezzante verso il sapere.
    La scienza è parte della cultura, a che pro impegnarsi ad escluderla?

  3. giulia maria c. 22 giugno 2012 alle 00:18

    che bel serto di perline: si possono infilare per davanti e per di dietro, come tanto piace a chi disdegna quella rozza razionalità scientifica che pretende di confrontarsi con l’evidenza.

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