Elogio dello spreco

8 giu

«Quarant’anni fa, quando decisi di diventare ingegnere nucleare, era opinione comune che l’energia avrebbe finito per costare pochissimo. Così poco che non sarebbe più valsa la pena farla pagare con un contatore in ogni casa! E sarebbe andata così se ce lo avessero permesso. Ma poi è andata come è andata» dice rassegnato il prof. Schaffhauser, uno dei personaggi del mio romanzo. E, in effetti, quel sogno degli anni Sessanta non si è mai realizzato. L’energia non è più a buon mercato da decenni e la situazione non può che peggiorare: i consumi aumentano, le risorse energetiche diminuiscono e non si vedono ricette miracolose all’orizzonte.

Schaffhauser, disilluso e pessimista, vede un futuro tragico: «Non c’è sviluppo senza una risorsa illimitata. È il secondo principio della termodinamica. Se vuoi creare ordine, sviluppo, complessità da qualche parte, devi poter sprecare da qualche altra parte: manodopera a basso costo, legname, carbone, petrolio… Non importa cosa. Sviluppo senza spreco non esiste. Senza risorse a buon mercato ci potranno essere solo guerre, inquinamento e carestie!»

E ha pienamente ragione. Le leggi della fisica sono inflessibili. Lo spreco è essenziale. Non è un’opinione: così è la natura. Sì, certo, ma… siamo proprio sicuri che il sogno degli anni Sessanta di una risorsa praticamente illimitata non si stia già realizzando? Quanto pagate la connessione a Internet? Avete forse un contatore o avete un contratto flat? Quanti gigabyte ha il vostro computer? E quanti ne aveva cinque anni fa?

Forse una risorsa da sprecare ce l’abbiamo, qualcosa di immateriale: l’informazione. E in fisica l’energia è informazione. Lo scoprì Ludwig Boltzmann, più di un secolo fa, una di quelle scoperte rivoluzionarie che tardano a essere accettate ma poi esplodono come bombe. Una bomba matematica, perché Boltzmann era un teorico innamorato della matematica: “terrorista matematico”, lo chiamavano i suoi detrattori. Ma lui non la prese bene. Morì suicida.

4 COMMENTI A “Elogio dello spreco”

  1. Hack2 8 giugno 2011 alle 12:34

    mi sa che i Cinesi hanno applicato meglio di chiunque altro, negli ultimi venti anni almeno, questa teoria. il loro spreco è la manodopera sottopagata, l’inquinamento incontrollato, la concorrenza sbaragliata con metodi sleali, ma hanno conquistato l’economia e si apprestano a superare gli Stati Uniti, il precedente e indiscusso colosso mondiale. è l’essenza stessa del capitalismo. un’arma a doppio taglio che francamente mi inquieta

  2. Stefano 9 giugno 2011 alle 12:51

    Secondo me è già assurdo che internet abbia ancora un costo (per quanto, ne convengo, abbordabile). Una nazione cosiddetta civile dovrebbe fornire gratuitamente la connessione a tutti i suoi cittadini, ormai è un servizio necessario e che può contribuire allo sviluppo culturale, sociale e anche economico.

  3. SamuZam 9 giugno 2011 alle 18:13

    L’informazione è tutto. E internet è il più efficente veicolo di informazione, com’è chiaro.
    Gli asiatici, che non a caso ci stanno facendo neri in campo economico, sembrano averlo capito meglio di noi. In Giappone e Corea infatti i costi di connessione sono decisamente più competitivi che nel resto del mondo e la velocità di trasferimento dati è maggiore che da noi o, per dire, negli Stati Uniti. In Italia il servizio è mediocre e non ha ancora raggiunto tutte le case, come sta accadendo, per esempio, senza volersi allontanare troppo, in Francia e Germania.

  4. Luca 11 giugno 2011 alle 18:54

    In ucraina dove uno stipendio medio è di 250 euro la connessione è di 100Mb/s e nelle grandi citta hanno la rete libera a 1Gb/s. Chiaramente gli stati con un gap verso altre nazioni hanno capito che la leva su cui premere è la diffusione di cultura e informazione. Tra non molto gli italiani medio-poveri che non si possono permettere una scuola privata si troveranno in deficit culturale anche rispetto a nazioni che sono uscite da poco da guerre e conflitti…questo è quello che vuole la nostra classe dirigente..creare differenza e mantenere o allargare i propri privilegi.

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